Il comparto avicolo veronese svolge un ruolo strategico, grazie al fattivo lavoro di tutta la filiera. Il Veneto con il 41% della produzione e il 14% delle imprese è la prima regione italiana, seguita da Lombardia ed Emilia Romagna (Dati Unaitalia).

La provincia veronese incide per oltre il 50% su quella veneta con un distretto che si concentra principalmente nella bassa veronese. Per questo motivo si è svolto ieri, in occasione della tradizionale Festa della carni bianche, a Bonavicina il convegno «Avicoltura:
una filiera di successo
da difendere e rafforzare» organizzato dal Comune e dalla Pro Loco di San Pietro di Morubio, Coldiretti Verona, A.V.A.- Associazione Veneta Avicoltori e Unaitalia.

L’incontro è iniziato con i saluti introduttivi del Sindaco di San Pietro di Morubio, Corrado Vincenzi, del presidente di zona di Cerea Claudio Valente e del presidente Coldiretti della sezione di San Pietro di Morubio, Simone Bissoli.

Il Presidente di Coldiretti Veneto e Verona Daniele Salvagno ha sottolineato:

«Questo convegno si svolge proprio nel cuore del comparto avicolo veronese che vanta eccellenze nella produzione di carni bianche. Oggi questo settore sta vivendo un momento positivo, grazie anche ai consumi in crescita per il ruolo fondamentale delle carni bianche nella dieta e per il grande lavoro degli allevatori anche di piccole dimensioni. E’ un distretto che va salvaguardato anche dall’avanzamento della concorrenza straniera e sostenuto al meglio per il valore aggiunto che il prodotto dà in termini di qualità ed economici per le imprese agricole».

Il direttore di Coldiretti Veneto, Pietro Piccioni in veste di moderatore ha evidenziato:

«E’ un comparto vivo e innovativo con un ruolo strategico che sta avendo successo sia per i consumi interni che per le esportazioni a livello europeo. Noi produciamo più di quanto consumiamo e ciò significa che il settore è una delle colonne portanti della nostra zootecnia e dell’economia agricola con valore di oltre cinque miliardi».

In un messaggio, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, impossibilitato a partecipare, ha detto

«In termini di sviluppi futuri, il settore avicolo ha la necessità di rientrare nei settori strategici dell’economia agricola italiana, dopo essere stato per troppi anni senza la giusta attenzione che meritava. Ciò soprattutto per i Piani di Sviluppo rurale regionali e per un Piano nazionale in grado di sostenere in termini economici l’innovazione dello stesso comparto avicolo. Basti pensare ai sistemi di aerazione degli allevamenti e al tema sul benessere animale. Su questo le imprese hanno fatto tantissimo perché non c’è un paese comunitario come l’Italia che si sia impegnato così tanto come per la riduzione dell’utilizzo del farmaco. Possiamo crescere di più in termini qualitativi, in considerazione anche del lavoro degli altri paesi come la Polonia che sta investendo in termini produttivi nel settore. Dobbiamo quindi evitare che subentrino nei nostri mercati prodotti stranieri con prezzi più bassi e con qualità inferiore. Bisogna avere una visione nel medio e lungo periodo».

Il settore avicunicolo a livello nazionale conta su 18.500 allevamenti (di cui 6,000 professionali), 38.500 addetti, 1.660 imprese che occupano 25.500 persone, 5,7 miliardi di euro di fatturato nel 2018 e un consumo por-capite di 20,4 kg. Sono questi i dati enunciati da Lara Sanfrancesco, direttore di UnaItalia, Associazione filiere agroalimentari italiane, che ha illustrato i punti di forza del settore come lo sviluppo della tecnologia che consente di monitorare le condizioni di benessere animale negli allevamenti, la diffusione delle pratiche di biosicurezza che riducono il rischio dell’insorgere di malattie tra gli animali, la rete di controlli privati e pubblici in ogni fase della filiera.

«Allo stesso tempo, ci sono delle sfide da affrontare come la Brexit e la concorrenza di altri paesi. E’ necessario quindi comunicare ai consumatori le buone pratiche del settore in materia di sostenibilità, benessere animale e sicurezza oltre a rafforzare il network di categorie ed aziende».

Il settore per innovare ha bisogno di finanziamenti, specie se gli imprenditori agricoli sono giovani. Pertanto, Giorgio Vinceslai di Ismea, ha illustrato le varie forme finanziarie a supporto del settore.

Giovanni Loris Alborali dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (I.Z.S.L.E.R.), ha presentato l’applicativo «ClassyFarm», evidenziando che anche per il settore avicolo, dopo quello dei suini e dei bovini, sta andando a regime il sistema che consente un approccio integrato di varie informazioni degli animali dalla salute, al benessere, fino all’uso dei farmaci al fine di dare maggiori garanzie ai consumatori.

Il tema illustrato da Manuel Benincà di Coldiretti Veneto ha riguardato la «Valorizzazione della pollina tra aziende produttrici e aziende utilizzatrici».

«La pollina prodotta da allevamenti da carne – ha detto Benincà – è un fertilizzante di grande valore sia per l’impiego immediato, che per le possibilità che può offrire. Il prodotto ha una buona dotazione di sostanza organica e di elementi nutritivi, molto maggiore rispetto agli analoghi parametri che si registrano nel liquame».

L’elevata concentrazione degli allevamenti avicoli e la ridotta superficie aziendale sono stati controbilanciati dalla possibilità di valorizzazione della pollina come concime da parte di ditte specializzate. Occorre organizzare un sistema di relazione tra allevamenti avicoli e aziende agricole per aumentare la parte di pollina ceduta direttamente. Ciò comporta dei vantaggi: per gli avicoltori in termini di valore economico per la pollina prodotta, per le aziende agricole utilizzatrici per l’apporto significativo di nutrienti e di sostanza organica e per la colletività per il mantenimento e se possibile incremento della sostanza organica per un arricchimento dei terreni.

A seguire, l’allevatore Ezio Berti di A.V.A. ha raccontato con il supporto di immagini la propria esperienza e quella di altri colleghi veneti.

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