La transizione ecologica e digitale per il settore del tabacco è iniziata dieci anni fa con l’accordo tra Coldiretti e Philip Morris Italia. E la sostenibilità ambientale, con quella sociale, continua a essere  una priorità del tabacco Made in Italy.

La filiera tabacchicola ha infatti da tempo intrapreso la strada di Agricoltura 4.0 e ha già centrato l’obiettivo di tagliare le emissioni di CO2, ridotte di oltre il 35% (dal 2012 al 2020). Così come  si riesce a produrre razionalizzando l’impiego di una risorsa sempre più preziosa: l’acqua.

L’accordo con Coldiretti è stato il primo contratto di filiera che ha portato a una rivoluzione epocale. L’Italia è stata dunque al centro di questa rivoluzione.

Philip Morris  ha  già investito nel tabacco senza fumo oltre 1 miliardo per lo stabilimento di Crespellano, in provincia di Bologna, e ha annunciato ulteriori investimenti. I coltivatori Coldiretti, da parte loro, sono perfettamente in linea con gli input  produttivi e i rigidi disciplinari concordati con l’azienda  sull’impego di agrofarmaci soft, molto più severi rispetto agli obblighi previsti dalle norme nazionali e regionali. Una scelta che assicura  elevati livelli di qualità del tabacco.

Lo sviluppo di progetti di coltivazione alternativi ha consentito anche di avvicinare le nuove generazioni di agricoltori. D’altra parte, dopo l’uscita dagli aiuti della Politica Agricola Comune,  i produttori di tabacco si sono trovati a un bivio: chiudere le  aziende  o cavalcare progetti innovativi in grado di assicurare competitività.

E grazie all’adozione di sistemi di monitoraggio ad alto contenuto tecnologico è possibile anticipare le possibili problematiche fitosanitarie ottimizzando i tempi di reazione e la quantità di input necessari. In pratica, c’è un controllo continuo di ciò che avviene sul campo e i trattamenti vengono effettuati nel momento giusto per trattare senza provocare danni all’ambiente.

Evitando operazioni inutili, e peraltro costose, con vantaggi economici. E sempre in tema di sostenibilità c’è la capacità di centellinare le risorse idriche con sistemi di irrigazione che forniscono dati sulla piovosità e su come  viene assorbita l’acqua dal terreno e in questo modo  si evita la dispersione.

Le buone pratiche sono il frutto della sinergia tra i coltivatori e gli agronomi di Coldiretti e Philip Morris, che supportano  gli interventi in campo in particolare nei periodi più critici per ottimizzare la gestione della coltivazione. Le aziende sono impegnate in prima linea e sostengono spese, ma possono programmare in una prospettiva di lungo termine.  E sanno dunque che  questa linea di azione consente di non avere sorprese al momento del raccolto che viene collocato secondo gli accordi e alle condizioni concordate.

Un modello di filiera dove vengono condivisi obiettivi e strategie. Un vulnus per le aziende  è la mancanza di certezze che espone a speculazioni. Una relazione strutturata, come quella messa in campo da Coldiretti e Philip Morris, rappresenta dunque un risultato importante per le imprese del settore, anche per quelle più piccole che riescono così a reggere il passo in un mercato globale.



Strumenti di Pagamento